giovedì 19 febbraio 2009

Meta

Abbiamo passato le Bocche di Bonifacio senza che succedessero disastri, mi aspettavo un Maelstrom, una buriana, un evento mirabile da affrontare con “il coraggio di un Caboto tra le schiume” come dice Guccini, invece niente, solo la bellezza devastante della Corsica e l’immagine di Budelli e Santa Teresa che si avvicinano.
Ho provato a dirlo al Babbo, mi ha guardato senza sorridere questa volta.
“ Non dire mostruosità, quando andremo ai Lavezzi ti faccio vedere il cimitero degli inglesi”
Mi ha un po’ ammosciato e mi nascondo di prua sulla tormentina.
Doppiamo Santa Teresa e guardo stupefatto il colore dell’acqua dell’arcipelago. Alla nostra sinistra sfilano Budelli, Santa Maria, la Maddalena, Spargi, Caprera e una marea di scogli che sembrano emergere dal nulla per farsi colonizzare da gabbiani e ‘anatron, è una bellezza a cui non sono abituato, si vede il fondo a profondità impossibile e quando ci avviciniamo alla costa il verde l’azzurro il bianco ed il rosa mi lasciano senza fiato.
E’ il paradiso e io ci sto entrando a otto nodi di velocità.
Si sente un profumo incredibile di macchia mediterranea, mi soffio il naso con le mani per sentirlo fino in fondo, sento in bocca il dolce e l’amaro della liquirizia.
Sulla costa Palau, Capo D’orso e cazzo quello lì è proprio un orso nel granito, Liscia di Vacca, Porto Cervo, finalmente il promontorio del Pevero, tappezzato sulla testa dal verde del campo da golf come un improbabile parrucchino e poi casa nostra, quella che diventerà la nostra base per tutta l’estate.
Cala di Volpe.
Facciamo di nuovo il numero dell’ancoraggio, al grido del comandante una vegliarda francese su una barca a vela auto costruita perde il reggipetto a mare.
Mi sembra che il Babbo ci abbia pigiato più del solito con la voce, forse sta marcando il territorio.
Siamo la barca più grossa in rada, tutti gli altri yacht sono bellamente ormeggiati a Porto Rotondo o Porto Cervo, noi no.
Magari domani chiedo anche il perché.
Controlliamo come si piazza la barca per evitare di demolire la moltitudine di barchette a vela che ci circondano, isso a prua il pallone di non governo, mettiamo fuori la scaletta con due parabordi ai lati e mettiamo in mare lo Zodiac usando il tangone a mò di bigo.
“ Và a piar un po’ ‘d pan dalla baffona” dice il babbo mentre mi fa scendere nel gommone.
Ora io con il gommone sono già stato sverginato due giorni fa prima della partenza, mi hanno fatto vedere come si mette in moto, come si guida, come entra in planata e le cose da evitare assolutamente.
Io scalpito come un puledro e già penso che riuscirò perlomeno a trasgredire tutte le regole relative alla prudenza.
Sono veramente un cretino e me ne accorgo immediatamente quando chiudo troppo una virata a piena velocità e vengo quasi sbalzato fuori, con le pulsazioni a mille levo il gas di botta il gommone scende dalla planata e vengo sbalzato verso prua.
Decido per un approccio più morbido e con il motore al minimo mi dirigo verso il moletto di fronte all’alimentari.
Mi sbuccio un ginocchio in maniera selvaggia cercando di scendere a terra e quando le arrivo davanti con mille lire in mano implorando un po’ di pane mi sembra bella anche la baffona.

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