giovedì 5 febbraio 2009

Faro

Il sole è tramontato da un po’ e si sta facendo buio, fra un paio d’ore dovremmo arrivare a Porto Vecchio dove passeremo la notte.
Il comandante ha acceso le luci di via e di coronamento, mi sta facendo vedere sulla carta dove siamo diretti.
Indica con il dito una cosa con il suo indice grosso e adunco dall’unghia spaccata, frutto di una disavventura poco piacevole.
Stava riparando un riduttore su una barca in secca e aveva le mani negli ingranaggi, qualche scienziato all’esterno ha visto bene di girare l’elica e lui è rimasto due ore con il dito massacrato intrappolato fra i denti, urlava ma non lo sentiva nessuno, lo aveva trovato la Ghifa mentre bestemmiava in un cumulo di grasso sangue e mozziconi di sigaretta che riusciva comunque ad accendersi con la mano sinistra.
Il dito non è mai tornato normale ma lui dice che così gli serve per i lavori difficili, la falange a gancio arriva dove le altre non possono, ha perso un dito e trovato un attrezzo, il massimo.
Mi indica un faro e mi spiega cos’è la caratteristica che rende un faro distinguibile da tutti gli altri.
Individuata qual è la nostra mira riesco a distinguerla sulla costa mentre il babbo brontola contro la mania di illuminare le coste in modo eccessivo che rende la navigazione costiera piu’ faticosa.
Provo a dirgli che tenere i terrazani al buio non mi pare una grande idea anche se va a favore dei marinai e lui mi dà uno scappellotto.
Le eliche stanno frullando il plancton e ci lasciamo dietro una lunga scia fosforescente come una cometa obesa.
“Và ‘a piar i panin chi ien pronti”
“Subt”

Porto Vecchio, notte.
“ Va ‘d prua, pi’ la mazzetta e quand a dig FOND dà fond.”
“Eh?”
“ Portati a prua nelle immediate vicinanze del verricello, prendi la mazzetta di legno che è al’uopo posizionata nell’apposito supporto e appena io grido FONDO, percuoti con la suddetta mazzetta la parte piu’ esterna del barbottin in maniera da liberare la catena ed effettuare così l’indispensabile ancoraggio”
Quando mi vuol prendere per il culo parla forbito.
Faccio come mi ha detto mentre ci posizioniamo nel punto giusto della rada.
Pazzesco, è come entrare in una laguna, boette luminose segnalano la canaletta di navigazione, i Francesi ci sanno fare , i grilli fanno un gran casino e non spira un alito di vento.
Le luci si riflettono in acqua e tornano all’occhio ammorbidite da un tono verdastro.
Esce dalla timoneria e tuona “FOND” , penso lo abbiano sentito anche ad Ajaccio, mette i motori a marcia indietro e filo due lunghezze di catena.
“FERM”
Fermo il verricello con la mazzetta ed inserisco la castagna nella catena per bloccarla.
Controlliamo che la barca si posizioni correttamente e che l’ancora tenga, ci sono altre imbarcazioni ferme per la notte ed è meglio verificare come girano prima di andare a dormire.
Sono bollito , mi arrampico in cuccetta con le ultime forze mentre il babbo ed il cuoco fumano in coperta bisbigliando piano.
L’ultimo pensiero prima di crollare và aimè alle tette della bionda.

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