martedì 29 settembre 2009

Dalla

Fin’ora non ho sentito tanta pressione in quel senso, ma da qualche sera a questa parte non riesco a dormire.
Crollo verso le 11, distrutto dai miei giochi e dai miei doveri e partono immediati sogni di fuoco con protagoniste le mie due amiche del cuore.
Mi sveglio verso le due con la barca completamente addormentata e mi aggiro in salone cercando qualcosa per dare sfogo al mio testicolo di adolescente.
Nulla, ci sono monasteri con più materiale scottante a disposizione, sfoglio avidamente Bolina, Yacth and Sales, il Gommonauta, alla ricerca feroce di uno slip calato o di una tetta sbarazzina, nulla.
Dopo ore di sfogliamento ininterrotto cedo alla foto di un tangone sul quale svetta uno spinnaker molto gonfio, molto rotondo e colorato, ricorda quasi quasi, eh si, lo ricorda proprio, uddio come lo ricorda…………………
Non posso andare avanti così.
Oltretutto con il rischio di farmi beccare e far la figura del feticista.
Il materiale qui intorno ci sarebbe anche, c’è pieno di monelle piuttosto spogliate, ma sono tutte straniere, non saprei provare un approccio e poi sono un po’ scemo, timido, non so, mi ci vuole il mio tempo, non sono uno che fa lo splendido e si ritrova a limonare dopo due minuti.
Vado sulla tormentina e mi tormento, faccio strategie elaboratissime di abbordo che se non altro mi fanno passare le voglie e riprendere il sonno.
Il bà mi ritrova alle sei di mattina intirizzito e ricoperto dalla copiosa rugiada notturna della Sardegna.
Non mi fa tante domande, magari capisce, ma con lui l’argomento è tabù, non siamo in confidenza per queste cose.
Decido di svegliarmi alla mia maniera, veloce caffè e partenza a fuoco con il gommoncino, voglio sterminare tutte le seppie del pianeta.
Ho una baietta molto isolata a disposizione, proprio sotto quella villa rosso sbiadito, di solito non ci vado per non disturbare, ma stamani è così presto che non darò noia a nessuno.
Butto l’ancora, mi tuffo, sparo al primo cefalopode e tiro su la testa dall’acqua per sfilarlo dalla fiocina, e mi appare lei sullo scoglio sopra di me.
E’ giovane e mora e soprattutto nuda, con il cespuglio tutto in vista e gli occhiali da sole.
Avvampo e comincio a girare li sotto tanto per guadagnare tempo, dopo due minuti lei mi battezza per quel che sono, un maniaco, e scocciata risale la scaletta che porta al patio, dandomi il dolore di coprirsi il culo con l’asciugamano.
Sconvolto dalla figura di merda ma con ben stampata in mente l’anatomia femminile torno mestamente a bordo dove, forse confuso o sovrappensiero domando al bà:
“Ma come fanno i marinai?”
“Aspettano”
Minchia, che bella notizia.

venerdì 25 settembre 2009

Vip

“ E in’t’la pù ardata?”
“No, riciulin ‘d merda”
“Dai bà, se la sarà scordata, cosa vuoi che se ne faccia”
“Ma a me am srviv, e pensare che mi era anche simpatico con tuti chi denti ‘n bocca e il sorrisino facile, I fev ‘l ganz quand I recitav da pret”
“ Non c’è l’hai un’altra raschietta per il teak? Mi pareva di averne vista una in sala macchine”
“Ma cosa c’entra, ne ho altre ventotto di ogni foggia e dimensione ma se ti prestano una cosa in mare la restituisci appena puoi e tenuta meglio di prima”
Prestare un attrezzo per il babbo è come donare un organo interno, preferisce andare in ferramenta, comprarlo nuovo e regalartelo, solo per non avere la delusione che poi te lo scordi o glielo rompi.
Sta guardando con disprezzo la barca del ricciolino di merda, che sarebbe poi Johnny Dorelli, e si accende sprezzante una MS.
“Ma non puoi chiederla indietro?”
“I è lù chi ‘s la dev arcordar”
Conversazione senza speranza.
Ormai ci sono abituato a come gli equipaggi si muovano con familiarità e indifferenza nel famoso Jet set.
Non hanno fascino, non hanno presa, vengono considerati per come sono come persone, la fama e la notorietà non contano se sei stronzo o se vomiti fuoribordo.
I più invisi sono gli Arabi, pagano benissimo ma non c’è prezzo per la coscienza e l’orgoglio.
Trafficanti di armi con yacht di 100 mt, troie cammelli e coca ad ogni sosta a Porto Cervo, debiti milionari in ogni porto, rubinetti d’oro nei cessi e filodiffusione, jaccuzzi in camera e due elicotteri sul ponte superiore.
La feccia.
Poi i ricchi e gli arricchiti che non sanno una minchia di mare, che lasciano gli equipaggi ad attenderli in porto per mesi, che usano la barca per rappresentanza, accettabili ma di solito hanno barche come ferri da stiro, fastose ed inutili, poco marine.
Poi quelli che amano il mare ma di origini terazzane, che si affannano a dimostrare la loro perizia inforcando improbabili cappellini da comandante, hanno barche serie e trattano l’equipaggio con rispetto, ogni tanto incappano in una figura meschina cercando di andare oltre i loro limiti, vengono trattati come bambini in mare e con deferenza in porto tanto per dargli soddisfazione.
Quelli che sono marinai veri sono pochi e pericolosi, osano l’impossibile e ingaggiano fra loro sfide epiche, gli equipaggi si fanno un mazzo tanto ma di solito apprezzano.
I navigatori solitari sono teste di cazzo, primo perché non danno da mangiare a nessuno, secondo perché poi per andarli a riprendere quando sono in difficoltà ci rimette sempre la vita qualcuno.

Di solito gli equipaggi saltano da una categoria all’altra a seconda delle esigenze e delle richieste,
il babbo è rimbalzato fra industriali dell’acciaio e del marmo, famosi avvocati e gommisti per poi fermarsi, penso per sempre, con il Signor B., un vero battitore libero.
il Bà è molto poco propenso al compromesso.
Che stia parlando con il suo amico Bourghine , con l’Aga Kan , con L’avvocato con il suo allievo Falk, dice la sua.
“Bà ma ‘nt sen ‘n sogezion?”
“Pens mentre I’ en al cess, tutti rossi n’t ‘l mus, I’ en omi, come me e come te”
Vipsssssssssssssssssssssss

mercoledì 23 settembre 2009

Leone

Il Sergente York è arrivato.
Anche se la stagione è già avanzata lui arriva ora, fa le cose con calma.
E’ al comando di una barca splendida, tenuta in maniera impeccabile, la Croce del Sud.
Il Sergente York è molto inglese, alto, mascella quadrata, voce profondissima, un paio di basette che sembrano due cespugli, le ha sempre portate così.
Si muove con calma, quasi con imponenza, parla solo dopo averci pensato per bene e sa essere buffo e tagliente.
I suoi principali ed il suo equipaggio di solito lo adorano e lo viziano, ha qualche anno più del babbo e la sua criniera è ormai bianca.
Perché lui era Leone.
Secondo il bà ora si prende tutto il tempo perché quel settembre maledetto ha dato tutto, ora si riposa.
Ha dato tutto sul Monte D’Arma, su per la Foce, a Bergiola e sul Frigido.
Quel 16 settembre ne erano successe di cose, nessuna bella.
Lo zaino trovato di fianco al soldato tedesco morto conteneva un portafoglio, dentro c’era un documento di un vigile urbano di Bergiola.
Abbastanza per iniziare la rappresaglia, "Uno dei miei, dieci civili" , diceva la regola.
Non furono 10 ma 72, falciati nelle loro case, radunati nella scuola e mitragliati, quelli fortunati morirono subito, gli altri bruciati, i lanciafiamme facevano un rumore sordo mentre le pareti si incendiavano.
Ventisei bambini, gli altri donne ed anziani, la mano della sedicesima divisione corazzata delle SS e, che dio li maledica, delle brigate nere di Carrara, gente che andava per funghi in quei boschi e che magari aveva lo stesso cognome di gran parte delle vittime, Dell’Amico.
Arrivarono tardi, sterpi in faccia , sudore che dalle mani cola sul tuo compagno di sempre, il fucile mitragliatore Sten.
Corsa sui sentieri, sulle pietre rese scivolose dalle foglie di castagno marcite, fuoco, fuoco negli occhi e quell’odore, non può essere un uomo che brucia che manda quell’odore, è lo spregio di chi vive, di chi ha fame, di chi è morto,.
Lacrime, per il fumo, per quello che vedi, per gli uomini che sono scappati ed ora tornano increduli e bestemmiano contro di loro, contro di te.
“Tè partigian, dov t’er?”
E corsa dietro quei maledetti, non tutti insieme, uno alla volta , uno per uno, da ora in avanti finché non sarà finita, e anche dopo.
Fino alle fosse del Frigido lo stesso giorno, con 159 anime in un buco, coperte di terra, maledetti, cosa state facendo.
Fino al 25 Aprile, l’ultimo giorno, quando Leone si toglie il fazzoletto, per non metterlo mai più.
Arriva a bordo insieme al Ninin, un altro amico, marinaio e gran falegname, si stringono la mano con gli occhi che ridono, il vino sancisce l’incontro, celebra la riunione.
Il Sergente York guarda da lontano la sua barca, orgoglioso.
Tira su la testa e la gira verso terra dandomi la possibilità di guardare ammirato la sua basetta destra.
Inclina la testa verso l’alto.
Come se annusasse l’aria.

mercoledì 9 settembre 2009

E' merito mio

Sono talmente scaramantico che odio parlarne.
Ho dei rituali, a cui faccio finta di non far caso, che accompagnano certe mie attività, soprattutto quelle che dovrebbero essere assistite dal caso o dalla fortuna.
Ovviamente non le nomino per scaramanzia.
Ho questo grande problema di accumularne in eccesso in certi periodi, ciò mi intralcia parecchio nella vita di tutti i giorni, anche perché alcune cose sono piuttosto impegnative da fare.
L’Italia aveva clamorosamente passato il turno con una probabile pastetta con il Camerun, tutti i giornali erano andati all’attacco massacrando la squadra, c’erano pure voci di massaggi particolari fra Cabrini e Rossi, ma io mi godevo la fortuna nutrendomi dei particolari del trasferimento da Vigo a Barcellona conditi dal solito silenzio stampa imposto da Bearzot, Brera era come al solito controcorrente ed incoraggiava la nazionale.
Il girone era infernale, Brasile ed Argentina, con i Verdeoro superiori a chiunque e gli Argentini con Maradona e pure incazzati per le Falkland.
La partita era iniziata con un tourbillon di colpi proibiti di Gentile a Maradona a cui rispondevano le sgarrettate di Gallego su chiunque.
La nostra formazione era la solita, ormeggio a Cugnana Verde, micro televisore Telefunken in bianco e nero con ricezione disturbata, il Signor B. che, seduto in poltrona, succhia la dentiera con un fare un po’ annoiato, il comandante in piedi in fondo al salone con la mano destra che stritola un passamano di bachelite, il cuoco seduto sul secondo scalino della scala ed io sull’ultimo con libera uscita in timoneria.
Primo tempo da taglialegna con l’Italia che resiste e distrugge, i campioni del mondo non trovano il bandolo della matassa.
Secondo tempo con una Nazionale stranamente pimpante che usa le fasce e sembra essersi trasformata in una squadra vera, dall’agitazione salgo in timoneria e mentre conto i listelli che mi separano dalla murata, non faccio in tempo a pensare “ se segniamo ora salto e mi tuffo direttamente in mare” che il mio Antognoni smarca quel puledro di Conti che con il passo da cavallino capitolino sforna un assist per il sinistro di Tardelli.
Gol.
Faccio tre passi e salto volando vestito in mare grattandomi le gambe contro il parapetto, meno male che il gommone è ormeggiato dall’altra parte e che sottobordo non stava passando nulla.
Nuoto come un forsennato fino alla scaletta e fradicio rientro in timoneria.
Giulio mi guarda perplesso mentre gli Argentini incazzati come dei dinghi rabbiosi provano a prenderci a pallonate, Zofffffffffffffffff sventa una craniata di Passarella.
Quel cane di Rossi si mangia un gol ciabattando contro Fillol.
Mi tolgo i calzoncini bagnati e la maglietta ed in mutande assisto ad una botta di culo di Conti che sulla rimessa ramazza un pallone e parte come una lippa, arriva sul fondo e mette dietro per l’altro amico particolare che insacca con l’amato sinistro.
Decido di rimanere in mutande fino alla fine della partita ma, colta un’occhiata del babbo piuttosto eloquente, mi infilo i calzoni zuppi.
Passarella mi punisce insaccando una punizione battuta al zitta senza aspettare il fischio dell’arbitro.
Casino generale, ne buttano fuori uno dei loro e la partita finisce fra le urla dell’equipaggio.
Il ricordo più marcato quel Maradona che fa vedere la maglia azzannata da Gentile ed i garretti fasciati con una benda bianca di Conti che volano sulla fascia.
Il problema vero, grosso, insormontabile è riuscire a ripetere tutto ciò contro il Brasile.
Da che listello sono saltato e soprattutto avrò mica infilato prima il piede sinistro nei calzoncini?