“ E in’t’la pù ardata?”
“No, riciulin ‘d merda”
“Dai bà, se la sarà scordata, cosa vuoi che se ne faccia”
“Ma a me am srviv, e pensare che mi era anche simpatico con tuti chi denti ‘n bocca e il sorrisino facile, I fev ‘l ganz quand I recitav da pret”
“ Non c’è l’hai un’altra raschietta per il teak? Mi pareva di averne vista una in sala macchine”
“Ma cosa c’entra, ne ho altre ventotto di ogni foggia e dimensione ma se ti prestano una cosa in mare la restituisci appena puoi e tenuta meglio di prima”
Prestare un attrezzo per il babbo è come donare un organo interno, preferisce andare in ferramenta, comprarlo nuovo e regalartelo, solo per non avere la delusione che poi te lo scordi o glielo rompi.
Sta guardando con disprezzo la barca del ricciolino di merda, che sarebbe poi Johnny Dorelli, e si accende sprezzante una MS.
“Ma non puoi chiederla indietro?”
“I è lù chi ‘s la dev arcordar”
Conversazione senza speranza.
Ormai ci sono abituato a come gli equipaggi si muovano con familiarità e indifferenza nel famoso Jet set.
Non hanno fascino, non hanno presa, vengono considerati per come sono come persone, la fama e la notorietà non contano se sei stronzo o se vomiti fuoribordo.
I più invisi sono gli Arabi, pagano benissimo ma non c’è prezzo per la coscienza e l’orgoglio.
Trafficanti di armi con yacht di 100 mt, troie cammelli e coca ad ogni sosta a Porto Cervo, debiti milionari in ogni porto, rubinetti d’oro nei cessi e filodiffusione, jaccuzzi in camera e due elicotteri sul ponte superiore.
La feccia.
Poi i ricchi e gli arricchiti che non sanno una minchia di mare, che lasciano gli equipaggi ad attenderli in porto per mesi, che usano la barca per rappresentanza, accettabili ma di solito hanno barche come ferri da stiro, fastose ed inutili, poco marine.
Poi quelli che amano il mare ma di origini terazzane, che si affannano a dimostrare la loro perizia inforcando improbabili cappellini da comandante, hanno barche serie e trattano l’equipaggio con rispetto, ogni tanto incappano in una figura meschina cercando di andare oltre i loro limiti, vengono trattati come bambini in mare e con deferenza in porto tanto per dargli soddisfazione.
Quelli che sono marinai veri sono pochi e pericolosi, osano l’impossibile e ingaggiano fra loro sfide epiche, gli equipaggi si fanno un mazzo tanto ma di solito apprezzano.
I navigatori solitari sono teste di cazzo, primo perché non danno da mangiare a nessuno, secondo perché poi per andarli a riprendere quando sono in difficoltà ci rimette sempre la vita qualcuno.
Di solito gli equipaggi saltano da una categoria all’altra a seconda delle esigenze e delle richieste,
il babbo è rimbalzato fra industriali dell’acciaio e del marmo, famosi avvocati e gommisti per poi fermarsi, penso per sempre, con il Signor B., un vero battitore libero.
il Bà è molto poco propenso al compromesso.
Che stia parlando con il suo amico Bourghine , con l’Aga Kan , con L’avvocato con il suo allievo Falk, dice la sua.
“Bà ma ‘nt sen ‘n sogezion?”
“Pens mentre I’ en al cess, tutti rossi n’t ‘l mus, I’ en omi, come me e come te”
Vipsssssssssssssssssssssss
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