martedì 17 agosto 2010

Tricampeones

La semifinale l’ho vissuta con distacco, senza Boniek la Polonia non aveva un filo di speranza.

Ma oggi no, oggi ci sono i Tedeschi, i Tugnin.
La situazione è critica, il cuoco ha fatto la pasta scotta , il babbo ha soffiato fumo tutta la mattina dall’unica narice funzionante , il sopracciglio da lupo mannaro aggrottato.
Il Signor B. è elusivo, dopo il bagnetto ristoratore si è infilato in cabina e mi aspetto di vederlo uscire con la divisa della Wermacht, stivaloni compresi.
Ho provato a pescare le boghe dal gommoncino ma sono distratto, mi sono affettato come al solito una falange e l’unica boga che ho preso mi ha cagato sul petto.
Le boghe fan così.
Buoni auspici.
Nel pomeriggio ci mettiamo in movimento per il solito punto di ancoraggio, c’è una calma irreale, una tensione palpabile, i rumori sono attutiti come sotto una nevicata.
Percuoto la castagna con il mazzuolo con poca energia, lo sguardo lontano, mi sveglia il solito grido belluino del comandante.
“FOND”
Ormai è l’ora, conveniamo tutti, armatore compreso, che non è il caso di cene pantagrueliche, panini e birra per tutti.
Mastico svogliatamente mentre il Signor B esce dalla cabina, ha i soliti pantaloni stazzonati sotto il ginocchio ed indossa una camicia di lino azzurra particolarmente elegante.
Si succhia i denti e con fare da gran paraculo tira fuori due bottiglie di champagne Taittinger riserva da un mobile.
“Giulio, mettile in frigo, tanto io vinco comunque”
Secondo me è una balla, tiferà Germania.
Fischio d’inizio, solite scaramanzie, una squadra mai vista, giochiamo praticamente con cinque difensori, Pablito e Spillo davanti, Conti all’ala, Tardelli, Oriali e Collovati in mezzo.
Non mi preoccupo, i tedeschi sono sfatti dopo la guerriglia con i francesi e anche se non siamo splendidi sono fiducioso.
Ma prego uguale, ogni secondo.
Mi preoccupo un po’ di più quando lo statuario Briegel sdraia in area il Brunetto nazionale e mi rendo conto che nessuno vuol calciare il rigore. Il mio Antognoni è fuori per infortunio e comunque l’avrebbe calciata in tribuna , Altobelli e Rossi cercano qualcosa per terra, devono aver perso le palle.
Si presenta il bell’Antonio, gonfia il petto, lo inquadrano da vicino, si sta cagando addosso, tira velocemente e non becca nemmeno il palo alla sinistra di Shumacher.
La bestemmia corale gonfia il salone del Galateia.
Il vecchio tedesco/napoletano sta nella sua poltrona davanti alla tv e dondola un piedone numero 47.
Nervi d’acciaio il bastardo.
Secondo tempo, si cambia, li massacriamo.Tardelli per Gentile che crossa al centro , e dico Gentile cazzo, che crossa al bacio per Rossi che insacca di testa, roba da matti.

E poi lui, con quelle gambe magre e lunghe che si accentra su passaggio di Scirea, si porta avanti sul sinistro il pallone, cazzo troppo avanti, ma no, scaglia una frombolata mostruosa che si incastra in rete.

Il portiere immobile con le manone lungo i fianchi, lui che parte, e tutti insieme partiamo con lui, un urlo che non finisce più, che ti consuma, che toglie spazio a tutte le parole , che ci da orgoglio e riscatto, è il momento dell’unione cosmica, del transfer di un popolo in un giocatore.

Smettiamo di urlare stremati, nel delirio mi è parso di vedere il piedone fermarsi ed un accenno di esultanza.
Che stia diventando napoletano più che tedesco il vecchio furbastro?
Tesissimi continuiamo a seguire il match che si chiude con un gol di Spillo di sinistro e il meritato gol della bandiera per i tugnin.
Choelo fischia e alza teatralmente il pallone con due mani verso il cielo nel cerchio di centrocampo, Pertini in tribuna salta come un ventenne e da pacche violente al re di spagna che sorride perplesso.

Mertellini grida per la prima volta in vita sua.

Tre volte.

Campioni del mondo.

Sono le due di notte, ci deve essere un bel casino a terra, sembra una guerra, io sono qui, sulla tormentina con la bottiglia vuota in braccio.
Hanno fatto anche i fuochi artificiali ma me ne fotto, me ne sto qui, ed è una gioia così intima, mi addormento sereno.

Mattina, poppa, bandiera tedesca che sventola sull’asta.

Io ed il cuoco che commentiamo esaltati la partita, si avvicina un gommoncino, due persone a bordo.
Ci dicono qualcosa in quel barbaro idioma, cercando probabilmente conforto, il cuoco si alza, tira su la maglietta, sul ventre prominente e duro si è legato una bandiera italiana.
Con le dita conta i gol e urla “Tre a un , e a cà”

Giulio Uber alles