martedì 24 novembre 2009

Ferry Boat

Ci siamo svegliati a Barca Bruciata, degli strani suoni venivano da fuori, apro il carabottino e attraverso le cispie vedo uno spettacolo insolito.
Una nave enorme con scritto USS qualcosa sta allattando due balenotteri.
In realtà sono sommergibili, grossi tubi scendono dalla nave e si innestano vicino alle torrette, il tutto è un po’ inquietante.
La base della Maddalena è ad un tiro di schioppo e si sta avvicinando un traghettino pitturato del grigio opaco delle navi militari.
Penso sia un cambio equipaggio o qualcosa del genere.
Finisco di srotolarmi fuori dal pertugio e vedo il Bà appoggiato con gli avambracci enormi al parapetto di teak verniciato.
Guarda in basso, scatarra e sputa fuori bordo, poi si accorge di me e mi dice:
“Draghett”
Non gli piacciono i traghetti, ne ha navigato uno solo.
Una piccola nave più adatta alla navigazione fluviale che al confronto con le onde formate,
avevano risalito il Tevere fino a sopra Roma.
Dovevano riportare a casa i caduti Francesi di Cassino.
“ ‘An so prchè abian accetat ‘cl viagg lì, ma pagavano il giusto e la fame era ancora un ricordo troppo vicino.
Accostammo ad una banchina del Lungotevere e gli alpini della Giulia imbarcarono il carico. Poche bare, un’infinità di cassette con le ossa mescolate di chissà chi, chissà come li avevano riconosciuti, chissà chi erano.
Fu un viaggio strano, lento, nessuno aveva voglia di scherzare, solo il vino anestetizzava un po’ la tensione.
Si era imbarcato con noi anche un prete Francese, giovane, precocemente calvo.
Stava in garage tutto il giorno, se pregava non lo dava a vedere, stava lì e basta, seduto su una cassetta.
Quando gli portavi da mangiare diceva “Mercì” e poi ripiombava nel suo straniero mutismo.
Il viaggio per Marsiglia durò a lungo e finì di notte.
Una folla silenziosa ad attenderci, mandava come un’onda di dolore e di ringraziamento, finalmente a casa, anche così, a casa figlio mio.
Furono fermati dall’esercito con i Chepì in testa, non si potevano avvicinare sino alla mattina, quando era stata organizzata la cerimonia ufficiale.
Lasciammo il portellone un po’ aperto durante tutta la notte, che andassero dove volevano quelle anime, che abbracciassero chi volevano.
Prima dell’alba ficcai i miei quattro stracci e due stecche di sigarette in una sacca e presi un treno, verso casa.
Feci un po’ di viaggio con il prete, gli occhi spiritati, un velo di sudore gli imperlava il labbro superiore.
“Mercì” si decise a dire prima di scendere.
“’D nient”

1 commento:

  1. Hai visto la carcassadel Moby Prince? Fino a qualche tempo fa era ormeggiata nel porto di Livorno. Anche le anime erano fuggite.

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