“Ninin noi stari al sol che ‘t sen già pù ner d’un Dubat”
“Eh?”
“Mio giovine virgulto, se continui con questa reiterata esposizione ai raggi solari diventerai talmente nero da essere assimilabile a qualche selvaggia popolazione dell’Africa come i Dubat o gli Zulù”
Vado a controllarmi allo specchio, cosa che nell’ultimo mese non ho fatto spesso, e mi trovo davanti un selvaggio.
I capelli vanno in tutte le direzioni anche se li ho un po’ accorciati davanti agli occhi per evitare l’effetto alga davanti alla maschera durante le immersioni, ho un filo di barba sul mento che settimanalmente rado con il rasoio del babbo tagliandomi sistematicamente e sono ingrossato grazie al lavoro e alle cure di Giulio.
Però il babbo esagera, sono nero ma non come un Dubat.
Ho il colore di Babinga.
Babinga è il bagnino ad interim del mio bagno.
I bagnini di Marina sono figure mitiche, giovani energumeni che compaiono solo d’estate, in grado di mettere a posto la spiaggia, salvare un bagnante, sgridare i bimbi che giocano a pallone e trombarsi le Parmigiane in cabina il tutto contemporaneamente.
Nell’edizione dei Giochi senza frontiere tenutasi sulla spiaggia una squadra composta da soli bagnini ha stabilito il record di punti assoluto, li abbiamo fatti a pezzi vincendo tutte le prove, compreso il Fil Rouge.
Il mio bagno è l’unico ad avere un bagnino debosciato, tanto ci pensano Babinga e la sua banda.
Sono giovani studenti universitari che sonnecchiano sulle sdraio guardando tette e culi, poi verso il tramonto mettono in piedi spettacoli vari.
Gare di salto in alto nell’acqua, salti mortali, selvagge partite di pallone sulla battigia, gare di velocità e di resistenza, tuffi, piramidi umane, un Circo molto apprezzato da tutti.
E se affoga qualcuno parte Babinga, scuro color cioccolato,con un sorriso simpaticissimo ed i capelli neri ricci, se ne fotte del pattino lui, e riporta lo sfigato a riva a nuoto, poi riprende a giocare a frisbee.
Di tutta la banda il più rispettato è il Puma.
E’ un tipo strano che tutti trattano con deferenza, d’altra parte con quel soprannome non potrebbe essere altrimenti, solo che non coincide propriamente con il suo aspetto fisico.
E’ grasso e flaccido, bianco di incarnato e sta sempre all’ombra, non è nemmeno tanto alto e porta un capellino da marinaretto con sotto dei RayBan a specchio.
Babinga gli porta un gelato all’ora e lui ghigna contento, non l’ho mai sentito parlare.
L’ho osservato a lungo aspettando quel guizzo felino che sicuramente quel corpo strano gli concede, quella furia selvaggia che le sue braccia magre sanno scatenare, quel ruggito che la sua gola muta è in grado di emettere.
Nulla.
Con immenso rispetto mi sono avvicinato a Babinga e gli ho chiesto lumi:
“Il Puma è un genio, se non ci fosse lui a passarci i compiti col cazzo che riusciremo a passare gli esami all’università. Gli voglio bene al mio Pumaccio”
Pumaccio significa guanciale in dialetto.
Miaooooooooooooo
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