lunedì 23 marzo 2009

Reti

La barca è sempre addormentata alle prime luci dell’alba, il mare è completamente piatto e non spira un alito di vento, solo lo sciabordio dello Zodiac contro la fiancata sembra dare vita alla giornata.
Scendo lentamente la scaletta mentre il caffè fa effetto e scaccia con un brivido il sonno dalla testa.
Il Babbo mi segue, come al solito silenzioso come un gatto, pinzando il bordo della scala con le mani.
Si mette ai remi e ci allontaniamo attenti a non rompere l’incantesimo, come imbarcazione da voga il gommone fa schifo ma con la bonaccia e l’abilità del comandante andiamo ad un’andatura discreta.
Una volta allontanatoci metto in moto il motore e mi sembra di violare un monastero, lo metto al minimo e ronzando ci dirigiamo verso il gavitello.
Ieri sera abbiamo calato le retine, non tanta roba saranno duecento metri di tramaglio, e non è propriamente previsto come sistema ludico di pesca.
Abbiamo calato con un segnale solo usando un parabordo piccolo che sembrasse perso da qualche diportista distratto, come zavorra abbiamo usato due zinchi dell’elica e fanno il loro dovere.
Non ho mai pescato con le reti, è un sistema che non mi affascina , non prevede un confronto di abilità diretto fra preda e predatore , lo assimilo più alla raccolta che alla caccia.
Ma tant’è sempre di pesci si tratta e io non ho dormito una minchia per la trepidazione.
Non ci siamo ancora rivolti una parola solo adesso il Bà mi dice “ Tir su”.
Ci scambiamo posto e afferro il parabordo, recuperando tutta la caluma arrivo allo zinco poi, dopo dieci bracciate, alla rete.
Provo a tirare ma è piuttosto pesante, forse si è arroccata su uno scoglio, strano perché abbiamo calato fra sabbia e posidonia.
Il babbo mi prende gentilmente la rete dalle mani e comincia a recuperare, mi pare senza fatica.
Mi sa che la mancata evirazione ha avuto conseguenze gravi per il mio fisico.
Io ripongo la rete nel cestone e aspetto di vedere qualche pesce.
Qualche?
Cazzo non ci posso credere è l’albero della cuccagna, soglioloni giganti, rombi, razze nere e pericolose che sferzano l’aria con il loro aculeo sulla coda, Il babbo le guarda un po’ schifato ma a me sembrano meravigliose e ancora triglie e qualche seppia.
Prendo al volo un polpo che si era attardato a divorare una corvina intramagliata e poi pesci prete e qualche scorfano.
Il pesce prete è bellissimo, vive sul fondo ed ha la bocca in verticale, assomiglia ad un pugile o ad un bulldog e a me piace tantissimo fatto in umido.
Andiamo a remi fino alla spiaggia più vicina e mentre il sole fa capolino sul mare ad est cominciamo a pulire la rete.
E’ necessario farlo subito e mentre sfiliamo gli scorfani con precauzione dalle maglie usando il metodo soft, testa schiacciata dai due zinchi, cominciano ad arrivare le api.
Non pungono ma sono moleste e fastidiose, quando provano ad infilarsi nel naso storto del babbo lui le scaccia con una sbuffata stile elefante.
La baia si sta svegliando e dobbiamo fare presto, già i primi francesi si tuffano dalle barchette a vela.
“ Bà ma prchè I fan ‘l bagn alle se ‘d matina?”
“ Cagano”
Mi ha devastato la poesia ma ora mi spiego tante cose.

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